Il progetto di reingegnerizzazione dei social media con il Metaverso, introducendo avatar virtuali per
interagire, potrebbe influenzare il nostro modo di percepire i nostri corpi. Ed è ancora presto per avere
piena contezza di tutte le conseguenze che si riscontreranno a lungo termine.
Il progetto Metaverso non solo sarà l’evoluzione dei social ai tempi della realtà aumentata, attraverso la
visione immersiva di Facebook utilizzando i dispositivi di Augmented reality (AR) come Oculus; ma
rappresenterà anche un crocevia determinante che riguarda l’interazione fra mondo fisico e mondo
digitale. Il Metaverso, infatti, può avere un forte impatto sugli utenti e sulla loro relazione col proprio corpo, perfino acuendo quelle problematiche che erano già affiorate, come la tossicità di Instagram per gli adolescenti.
Il corpo è ovviamente fondamentale, per le persone, ed il corpo/il cervello sono alla base del collegamento che c’è tra gli esseri umani. Il rischio che corrono i ragazzi, a cavallo fra reale e virtuale, è anche la dismorfofobia o il dismorfismo: la giunzione temporo-parietale destra del cervello è preposta alla percezione che il soggetto ha del proprio corpo ed è all’origine della sensazione corporea del sé. Dipende strettamente dallo sviluppo delle aree corticali subcorticali che sono influenzate dalle relazioni primarie.
Le relazioni primarie sono quelle con i nostri familiari: soprattutto nei primi due anni, la mamma. La
relazione madre/bambino, crea un legame implicato nell’integrazione multisensoriali delle esperienze di sé
e degli altri, e quindi questa capacità di relazionarsi crea anche la capacità di realizzare la primaria
sintonizzazione intersoggettiva.
Ciò significa che esiste un collegamento molto importante tra natura, corpo e società e che le nostre
relazioni primarie sono mediate dal corpo. Se questa intermediazione c’è stata, e questa sincronizzazione è
stata sana, allora il soggetto avrà anche una regolazione degli affetti sana.
Se questo non avviene, le disregolazioni emotive potrebbero riversarsi sul corpo (somatizzazioni e
addirittura dei veri e propri attacchi come la tendenza a tagliarsi).
A rivestire un ruolo importante sono il narcisismo e la spettacolarizzazione del corpo: il corpo è legato
anche al concetto di cultura perché la cultura e i mass-media di un periodo storico raccontano e
immaginano un ideale di corpo ed anche questo influenza la percezione del nostro corpo.
Non a caso, in questo periodo storico, è possibile che le continue visioni e narrazioni di corpi perfetti,
postati sui social media anche dagli adolescenti, utilizzando i ‘filtri’ che possono modificare parti del corpo e
deformare l’immagine, possano portare ad una percezione disfunzionale del proprio corpo, vissuto come
non adeguato o non all’altezza degli standard di riferimento.
La capacità del Metaverso di mostrare corpi esteticamente perfetti, che non sono soggetti
all’invecchiamento, potrebbe spingere molti soggetti a decidere di apparire online solo con un corpo
digitalmente ritoccato. In Italia, esiste già una società che consente di scannerizzare virtualmente il proprio
corpo, per poterlo poi modificare utilizzando programmi appositi.
Già il mercato si muove in questa direzione, sfruttando le nuove prospettive offerte: Gucci, brand del
fashion globale, già progetta che gli utenti del Metaverso intendano vestire il loro avatar con gli outfit dei
marchi di moda, spendendo cifre da capogiro nella moda virtuale.
Gli stilisti, nell’arco di cinque anni, dovranno creare abiti non solo per le persone fisiche, ma anche per
avatar e per il settore del gaming. Ed il giro d’affari riguarda cifre già ora impressionanti.
L’idea dei brand della moda consisteva inizialmente nel permettere agli avatar di provare gli outfit prima di
procedere all’acquisto. Ma l’outfit potrebbe rimanere nelle frontiere del gaming, per indossarlo solo lì,
senza mai valicare i confini del mondo reale.
E bisogna primariamente osservare che gli outfit virtuali hanno già almeno un pregio: sono sostenibili.
Finora l’utente acquistava l’outfit per indossarlo una sola volta su Instagram, ora il digital dress eviterà
questo spreco di energia e risorse.
L’obiettivo del Metaverso, per il momento, è quello di realizzare avatar realistici e stilizzati: figure
sofisticate che ci rappresentino. Ma come gli utenti useranno i loro avatar è più complicato di quanto
s’immagini.
La via per infondere umanità agli avatar del Metaverso sarà l’iper-personalizzazione realistica. Oppure
l’opposto.
Infatti non è detto che gli utenti vorranno una copia di se stessi, bensì la rappresentazione idealistica di
come vogliono rappresentarsi. Ed è qui che, fra whitewashing ed altri stereotipi non solo sulla razza,
potrebbero insorgere le problematiche del Metaverso.
I social media hanno piena consapevolezza degli effetti dei prodotti sulla salute mentale degli utenti, anche
se poi non sono in grado di fare nulla per rimediare alle problematiche stesse, per non dover rinunciare ai
profitti. Ora tocca a governi, assistenti sociali, psicologi e comunità capire cosa c’è davvero in gioco con i
social media. Proteggere le persone più vulnerabili non solo è etico, ma risulta assolutamente necessario.