1. Il miglioramento per ricercare la Qualità Totale.
Il modello giapponese non tratta la qualità come un aspetto separato dalla quantità produttiva, ma la assume come una proprietà imprescindibile dei prodotti. L’intero processo produttivo è organizzato in modo da progredire costantemente verso l’obiettivo ideale dello “zero difetti”. La ricerca della Qualità Totale permea tutto il processo lavorativo: dalla progettazione alla scelta del materiale, dalla realizzazione fino alla consegna.
Inoltre, lo svolgimento della lavorazione deve incorporare già durante la stessa esecuzione alcuni meccanismi interni di autocorrezione, in modo che i prodotti arrivino alla fine della linea già garantiti sul piano della qualità, così da rendere meno cospicua e determinante la fase della revisione ed il collaudo finale.
L’utilizzo, grazie all’automazione, di sistemi di autocontrollo lungo tutta la linea diminuisce la necessità di interrompere il flusso per eliminare le irregolarità.
Considerare la qualità caratteristica essenziale ed intrinseca del prodotto è il modo con cui l’azienda giapponese cerca di realizzare un processo produttivo senza sprechi e senza costi economici aggiuntivi, in modo che garantisca allo stesso tempo un risultato privo di difetti per il consumatore.
2. Il coinvolgimento dei dipendenti nei processi decisionali riguardanti la produzione.
Una simile concezione del lavoro rende del tutto obsoleta la divisione funzionale tra progettazione ed esecuzione. Nel sistema giapponese le mansioni risultano molto duttili, ed i dipendenti sono sollecitati a partecipare alle decisioni riguardanti la produzione.
Una delle manifestazioni più evidenti di applicazione del principio esposto riguarda l’autonomazione (contrazione di autonomia e automazione, in giapponese jidoka), che impone agli operai di interrompere il flusso produttivo ogni volta siano rilevate imperfezioni.
Altre caratteristiche del modello giapponese sono:
– la flessibilità delle squadre di lavoro, che adattano la struttura interna e la consistenza numerica in base alle variazioni del flusso produttivo;
– la polivalenza delle capacità professionali, che consente l’interscambiabilità di posizioni all’interno della squadra di lavoro.
L’impegno verso il kaizen è realizzato dai lavoratori con suggerimenti, discussioni di gruppo, sperimentazioni. L’operaio occidentale è per lo più impegnato in compiti ripetitivi, di semplice esecuzione, ad alto potenziale di alienazione; per l’impresa giapponese, invece, risulta imprescindibile l’elevata capacità intellettuale dei suoi operai.
Mentre il cardine del funzionamento di tipo occidentale è verticale e gerarchico, quello giapponese risulta orizzontale, con un sistema integrato tra flusso delle informazioni e flusso della produzione, per garantire un adattamento flessibile alla domanda di mercato con il minimo ricorso alle scorte di magazzino. Il coordinamento orizzontale è realizzato principalmente tramite il sistema kanban (un sistema di cartellini posti su recipienti mobili che svolgono la doppia funzione di moduli d’ordine e di notifiche di consegna): le varie postazioni lavorative sono così coordinate in tempo reale, senza necessità di ricorrere a sistemi centralizzati di pianificazione.
3. La compartecipazione dei fornitori.
Le imprese ispirate al modello giapponese seguono una politica di fornitura opposta a quella ancora dominante nel mondo occidentale: non scelgono i fornitori in base ai costi ed alle convenienze delle singole commesse, ma li selezionano in base alla capacità di collaborare in piani di lungo termine: dalla progettazione dei componenti fino alla loro costante ottimizzazione nel corso degli anni.
L’impresa committente, oltre ad instaurare un rapporto di collaborazione con la singola impresa fornitrice, favorisce anche la collaborazione tra i vari fornitori (e non invece la concorrenza per il ribasso dei prezzi) attraverso il loro raggruppamento in gruppi funzionali, assecondando un interscambio di informazioni e sostegno. Le aziende fornitrici tendono a localizzarsi a breve distanza dalla committente, in modo di garantire rapide e frequenti consegne di materiale in conformità alle richieste, e creando una fitta rete cooperativa basata su rapporti funzionali e contratti di lungo periodo.
4. L’eliminazione delle risorse superflue.
Di tutti i fondamenti elencati, questo è forse quello principale, pervadente tutti gli altri che ne costituiscono diretta derivazione.
Il concetto di spreco è molto vasto e va dalla presenza di materiali inutili ai movimenti superflui; dai tempi morti alle produzioni non immediatamente richieste dal mercato.
Il processo cognitivo, cooperativo e di miglioramento continuo innestato è la concretizzazione per l’industria della concezione denominata kaizen. L’utilizzo di una tecnologia ‘leggera’ (non nel senso di marginale, ma quanto più possibile semplice e manovrabile) insieme alla riduzione delle scorte consente di poter provvedere a rapidi e frequenti allestimenti dei macchinari, per adattare la produzione ed accorciare i tempi di transito, ogni volta ciò si renda necessario per le esigenze della domanda.