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Do You Love Me

By Maggio 14, 2021No Comments

Nel lontano 2012, la DARPA (agenzia del Ministero della Difesa americano che si occupa dei progetti di ricerca) aveva lanciato una sfida: in palio oltre tre milioni di dollari per il robot che avesse dimostrato di sapersela cavare in diverse situazioni di emergenza.

Il 5 e 6 giugno del 2015, per rispondere all’appello, i migliori robot del mondo si erano radunati in un piccolo comune dalle parti di Los Angeles, Ponoma, per la prima grande sfida fra i super campioni della robotica: dopo le fasi preliminari, si trovavano in finale 25 team da tutto il mondo (uno anche italiano), e la partecipazione di pubblico per l’iniziativa era a dir poco entusiastica.

Alla fine, vinse il robot coreano che riuscì a completare il percorso netto in meno di 45 minuti. Ma dal punto di vista comunicativo, rimasero impresse le imbarazzanti cadute dei robot. Ancora si possono reperire su YouTube diverse compilation di robot che inciampano in maniera goffa, rimanendo a terra ed annaspando in maniera esilarante. Quel sostanziale fallimento fu consolante per molti esseri umani: i robot non ci avrebbero rimpiazzato. Non ancora, almeno.

Sono passati poco più di cinque anni, da allora.

Due giorni prima di Capodanno, la Boston Dynamics ha messo online un video incredibile.

La Boston Dynamics (azienda di Boston nata come spin-off universitario del MIT, e poi passata dalle mani di Google, Softbank e infine Hyundai) non è nuova a queste iniziative social. In realtà, alla fama mediatica, che li ha resi delle vere e proprie star dei social, non corrisponde un proporzionale successo di mercato; ma la sensazione è che le vendite non siano l’obiettivo primario dell’operazione.

Nel video al quale rimanda il collegamento iniziale, i robot ballano: sono due umanoidi, un cane e una sorta di portantino su ruote, che eseguono una sorprendente coreografia sulle note di “Do You Love Me”, un successo degli anni ‘60 dei Contours. Un twist scatenato, per nulla facile da eseguire anche se sei un umano. Eppure, l’esibizione è impeccabile e sembrano trascorsi anni luce dalle cadute imbarazzanti del 2015.

Vale la pena, però di analizzare un po’ meglio tutti i gradini evolutivi che hanno portato fino al balletto di oggi. Come siamo arrivati fin qui, e dove stiamo andando? Per riuscire a comprendere meglio la progressione, è interessante guardare l’albero genealogico della famiglia robotica Boston Dynamics.

La Boston Dynamics presentò al mondo il suo primo nato nel lontano 2005. Si chiamava BigDog ed era un quadrupede (anche i robot di Boston Dynamics hanno iniziato gattonando, come fanno tutti i bambini).

Il suo scopo era quella di fare il mulo, ovvero trasportare oggetti su terreni accidentati dove ruote o cingoli non sarebbero potuti arrivare: dislocava 150 kg ad un massimo di 6 km/h e su pendenze fino a 35 gradi. Se pensiamo che stiamo parlando dello stesso periodo della nascita di Facebook, ci rendiamo conto che siamo davvero nella preistoria per la nostra percezione tecnologica.

La secondogenita fu Cheetah, più veloce del fratello maggiore: era in grado di correre a 45 km/h (ovvero 13 m/s).

Poi arrivò LittleDog, un concentrato di tecnologia e innovazione.

Nel 2016 alla famiglia quadrupede si è aggiunto un altro elemento, SpotMini, un mini-robot che pesa solo 25 kg e che ricorda in modo inquietante i cagnolini robotici comparsi in Black Mirror. SpotMini è stato anche il primo a diventare una star del web: il suo video introduttivo ha raggiunto in poco tempo la prima posizione su YouTube, con oltre 2 milioni di visualizzazioni.

Da lì, la Boston Dynamics ha lanciato il suo primo bipede.

Si chiama PETMAN ed è un manichino creato per testare le tute di protezione da agenti chimici: la cosa impressionante è che, vedendolo camminare tutto bardato, potrebbe davvero essere scambiato per un uomo, nonostante le difficoltà di deambulazione.

Infine è arrivato lui, Atlas. È in grado di compiere movimenti con estrema scioltezza; ma ci sono voluti anni e anni di studi, sperimentazioni, piccoli miglioramenti per arrivare a questo risultato.

All’inizio, Atlas doveva fermarsi prima di ogni ostacolo, per capire come superarlo con i calcoli matematici. Oggi, Atlas ha imparato a bilanciare il peso del suo corpo, a ragionare mentre esegue i movimenti, senza fermarsi, a superare ostacoli saltando con solo una parte del suo corpo. Con una fluidità che farebbe invidia a molti, lo vediamo correre, saltare un tronco d’albero, balzare su scalini di 40cm ciascuno. Ma non lo fa per un pubblico, o per superare un proprio obiettivo sportivo: lo fa perché è programmato per farlo. E giova ricordarlo anche per quanto riguarda i quattro ballerini del video di auguri: contrariamente a qualsiasi danzatore umano, i robots continuerebbero a ballare anche se si fermasse la musica.

Ma cosa serve un robot che sappia fare parkour o che sia in grado di ballare un twist?

O un cane che solleva 150 kg?

Il primo utilizzo – è ovvio – è quello militare. Così come per i droni, queste creature hanno una propensione naturale per la guerra. Ma, per questo scopo, saper fare un salto mortale o meno non cambia molto.

Sembra che si tratti, per il momento, soltanto di una sorta di addestramento verso calcoli e funzioni sempre più complessi. E i video divertenti, in questo caso, hanno soltanto la funzione di ‘sdoganare’ i robots e renderli temporaneamente più simpatici: è meglio, infatti, vedere un cane che saltella in maniera buffa sulle note di una canzone, piuttosto che immaginarselo con una mitragliatrice montata sulla schiena.

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