I MITCHELL CONTRO LE MACCHINE – 2021
Si può dire che dopo “Spider-Man: into the Spider-Verse” del 2018 è stato avviato un nuovo corso nella narrativa dei film di animazione: la stratificazione delle tecniche visive.
Il film combina due stili d’animazione: uno tipico da illustrazione con colorazioni fatte a mano, mentre l’altro si avvicina al realismo della computer grafica tipico di buona parte delle pellicole moderne.
Un ritmo narrativo indiavolato e uno stile strabordante, ispirato e stracolmo di impulsi continui proiettati sullo spettatore. Un rally impazzito, pilotato da una famiglia strampalata, su una macchina scassata: nulla di più precario! Ma nonostante l’atmosfera continua di caos imperante, dentro e fuori dai personaggi, questo film (disponibile sul catalogo di Netflix dal 30 aprile) porta avanti un’idea di cinema molto consapevole ed innovativa.
Nella storia tutto ha inizio quando l’alternativa e creativa Katie Mitchell viene ammessa alla scuola di cinema, e non vede l’ora di lasciare casa e famiglia per iniziare la sua nuova vita. Suo padre Rick, grande amante della natura, insiste affinché tutta la famiglia la accompagni a scuola in un ultimo viaggio, che sa di nostalgico saluto alla figlia prima dell’età adulta.
Ed è qui che la famiglia Mitchell si ritrova nel bel mezzo di un’apocalisse di robot!
Tutti gli oggetti tecnologici, smartphones, aspirapolveri Roomba, i detestabilissimi Furby (chi se li ricordava più?) sono adoperati con l’obiettivo di imprigionare stile Matrix ogni essere umano sul pianeta. A guidare la ribellione è Pal, sistema operativo e assistente dismesso dal suo stesso creatore.
Tutti i critici si sono soffermati sull’aspetto sociologico, del film: la tecnologia come codice per decifrare le differenze generazionali, e potenziale elemento di disgregazione dei rapporti familiari.
Ma, in realtà, sembra che l’aspetto più interessante sia un altro, legato direttamente al mondo dell’Intelligenza Artificiale: in un mondo in cui la tecnologia sa fare le stesse cose di uomini e donne, cosa significa essere umani?
Al centro del film c’è una famiglia che è un catalogo di imperfezioni: l’esatto contrario della famiglia del Mulino Bianco. Eppure si presenta come il baluardo di umanità che alla fine risulta vincente (mentre la nemesi rappresentata dalla insopportabile famiglia chic è la prima ad essere rinchiusa).
D’altra parte, la rivolta delle macchine nei confronti dell’uomo è invece scatenata da un pretesto umanissimo. Forse il più umano di tutti, seppur proveniente da una macchina: la ribellione nei confronti dell’invecchiamento. L’istinto di sopravvivenza.
Unito al sentimento di rabbia nei confronti di chi ti vuole mettere da parte.
Il sistema operativo Pal, considerato ormai obsoleto, scatena la vendetta nei confronti di tutto il genere umano, concretizzando in maniera strampalata la paura atavica nei confronti dell’Intelligenza Artificiale.
Terribile, micidiale, apocalittica. Eppure, il nemico va già in crisi di fronte al banale problema di dover riconoscere un cane, che sembra un maiale, che sembra pane in cassetta!
La paura nei confronti del predominio delle macchine sugli uomini è lo stesso tema che tormenta la comunità scientifica su tutti i livelli, più o meno specialistici: ma è un bene che ci sia anche un modo efficace per arrivare ai bambini e ai ragazzi. O agli adulti ancora un po’ bambini.
Perché ‘leggerezza’ non è per forza sempre sinonimo di ‘superficialità’. Anzi.