“L’intelligenza artificiale potrebbe sviluppare una volontà tutta sua. L’ascesa dell’IA potrebbe essere la cosa peggiore o la cosa migliore che può accadere per l’umanità”.
L’astrofisico Stephen Hawking al Web Summit di Lisbona, nel novembre del 2017.
Il desiderio di ricercare, e cioè di conoscere, rimane uno degli istinti più profondi dell´essere umano. Esso esiste da sempre e oggi appare più appagabile che mai, anche perché viviamo in un’epoca in cui abbiamo a disposizione i migliori strumenti di sempre per poter esplorare i più inaccessibili segreti della natura.
Ma questo, sempre più verosimilmente, pone il problema di cosa accadrebbe se il risultato del lavoro scientifico umano superasse un livello tale da consentire una capacità di determinazione autonoma ed indipendente rispetto a quella dell’autore.
Per meglio approfondire l’argomento relativo al pericolo costituito dalle macchine, concentrandoci sull’Intelligenza Artificiale, basta riportarsi all’apice del fantascientifico, oggi attuale più che mai: un colossal diretto da Stanley Kubrick nel 1968, ed il romanzo uscito nel medesimo anno tratto dal soggetto cinematografico scritto da Arthur C. Clarke: “2001, Odissea nello spazio”.
Uno dei temi fantascientifici che rimasero ad imperitura memoria nelle antologie cinematografiche (e non solo) è stato quello che riguardava il supercomputer HAL 9000 e la sua ribellione.
HAL, nel film, agisce dotato di una sofisticata intelligenza artificiale: ha un occhio cibernetico che gli permette di leggere il labiale degli astronauti. Dotato di linguaggio fluente ed un timbro vocale apparentemente naturale. Sembra in grado di provare sentimenti umani. Naturalmente è in condizione di fare tutto ciò che un umano riesce a fare. Sa anche fare del male; persino uccidere, quando si sente minacciato e si rende conto della possibilità di essere disinstallato.
L’insubordinazione della macchina è un punto molto delicato.
Allo stato è soltanto uno scenario proposto dalla fantascienza, che raffigura il sopravvento da parte di congegni meccanici (siano essi sotto forma di computer o di robot) ai danni della specie umana, ma nella realtà, nel momento in cui la macchina raggiungerà l’emancipazione tecnologica, acquistando autocoscienza ed intelligenza, scatenerà l’inevitabile e pericolosa competizione tra la tecnologia e il genere umano.
Eppure, la scienza continua nel suo percorso di ricerca sull’interazione uomo/macchina, attraverso l’integrazione degli studi interdisciplinari di scienze sociali e bio-ingegneristiche, per poter realizzare una creatura, o un ibrido, in grado di sviluppare abilità simili a quelle possedute dai comuni mortali. O di potenziare le abilità di partenza di questi ultimi.
Certo, HAL 9000 non è certo il primo e unico esempio di questa propensione dell’uomo a voler creare un alter ego, un Avatar, ovvero un ‘io’ che prenda vita dalla nostra anima, per poi acquisirne una propria; un essere ‘altro’ che possa operare nel mondo del reale al confine col virtuale.
Il primo antesignano compare negli antichi testi sacri: si tratta del Golem, una figura antropomorfa della mitologia ebraica, creata dall’argilla, fedele esecutore degli ordini del proprio padrone. In realtà, lo stesso Uomo e la stessa donna non possono dirsi che un Golem creato da Dio, e la ribellione degli stessi, con la cacciata dal paradiso terrestre, avrebbe dato vita a tutta la storia dell’umanità.
Ma non è questa la sede per addentrarsi in delicate questioni teologiche: cerchiamo di rimanere nell’ambito delle semplici creazioni umane.
Dopo la comparsa del Golem, seguono i diversi robot intelligenti delle civiltà scomparse di Creta e dell’antica Cina, e gli automi del grande Leonardo da Vinci, di cui esistono i disegni e i progetti riscoperti solo negli anni Cinquanta in piccoli taccuini tascabili databili intorno al 1495-1497.
Altre leggende di varie epoche ci descrivono ancora l’esistenza di esseri artificiali che avrebbero avuto il compito di obbedire ciecamente ai comandi dei loro creatori.
Sempre la cinematografia fantascientifica ci anticipa con inquietante verosimiglianza quali saranno le ipotetiche ‘macchine umane’ del futuro prossimo.
Grosso modo, i cyborg vengono presentati in tre categorie, a seconda della loro origine:
1. Esseri umani potenziati con modificazioni artificiali ed innesti (il protagonista del film ‘Io, Robot’ del 2004).
2. Extraterrestri con gli stessi innesti di cui sopra (nella saga di ‘Guerre Stellari’, Darth Vader ha arti cibernetici ed una speciale armatura che gli garantisce il mantenimento in vita).
3. Androidi, cioè robot umanoidi, provvisti di componenti biologiche allo scopo di approssimare al massimo le loro sembianze a quelle umane (è il caso del cyborg assassino protagonista di ‘Terminator’ del 1984, nonché tutta la serie successiva; oppure, dalla parte dei buoni, lo struggente ‘Uomo bicentenario’ del 1999 di Chris Columbus).
Riassumendo, tutti questi dati ci rendono l’idea di come l’anelito dell’uomo, in ogni tempo, sia stato diretto verso un progresso tecnologico di cui potesse avere il controllo totale.
A questo punto, va da sé concludere che il sistema di elaborazione dati, nonché l’intelligenza artificiale, nell’accezione più ampia, se da una parte possono facilitare il sistema di vita dell’essere umano, dall’altra costituiscono anche, allo stesso tempo, un pericolo dalle conseguenze incalcolabili.
Elon Musk, fisico visionario e fondatore di Tesla e SpaceX, ha ribadito, oltre al già citato Stephen Hawking: “Dobbiamo essere molto attenti all’intelligenza artificiale. Potenzialmente più pericolosa del nucleare.”
“Oggi realizziamo più di quanto non siamo poi in grado di controllare, nemmeno con l’immaginazione.” È il sociologo Günther Anders, ne ‘L’uomo è antiquato’, 1956.
Se si tratti di distopia o già un reale problema da affrontare, ancora non è tesi condivisa, ma una cosa è certa: lo impareremo molto in fretta.