Ci sono ancora delle forti resistenze, a parlare del rapporto tra Intelligenza Artificiale e musica, una delle arti antiche con la connotazione sociale più marcata.
Eppure ci sono già esperienze concrete di approccio molto risalenti, e decisamente interessanti: non è una novità assoluta che si stiano moltiplicando esempi e sperimentazioni che possono davvero rivoluzionare il modo di comporre musica. Senza voler arrivare all’estrema conseguenza di preconfezionare digitalmente un capolavoro, o una hit da primo posto in classifica.
Ma prima di fare previsioni azzardate, vediamo l’evoluzione che ha seguito questo ambito, che ora può tranquillamente definirsi giunta ad un ottimo livello di evoluzione, tanto da poter comporre canzoni, colonne sonore e, addirittura, replicare lo stile dei più grandi compositori della musica classica.
Gli albori della composizione musicale artificiale risalgono addirittura agli anni Cinquanta: si pensi all’Illiac Suite, il primo lavoro musicale per strumenti tradizionali, la cui partitura è stata realizzata da Lejaren Hiller attraverso la composizione assistita dal computer nel 1956.
VERBASIZER: Negli Anni ’90, David Bowie, grande artista ed instancabile innovatore, ha lavorato ad un software per comporre canzoni chiamato Verbasizer. Il programma riproduceva su Pc uno dei metodi di composizione di Bowie: il cut-up. Il criterio ideato Duca Bianco consisteva nel prendere parole sparse dai giornali, tagliarle, metterle in un cappello e poi ricomporre i frammenti su un foglio di carta. L’apporto dell’intelligenza artificiale consisteva nel comporre nuove combinazioni creative con le parole a disposizione, soprattutto formando frasi di senso compiuto.
FLOW MACHINE: Nel settembre 2016, il sistema sviluppato da Sony ha prodotto “Daddy’s car”, la prima canzone scritta da un programma. Il motivo musicale ricorda un po’ lo stile dei Beatles. Il software ha realizzato la composizione grazie alla memorizzazione di circa 13.000 spartiti di generi diversi e alla loro analisi, imparando man mano a produrre autonomamente una nuova linea melodica. Il testo, invece, è stato realizzato grazie a un compositore in carne e ossa che si chiama Benoît Carré che ha anche deciso l’imprinting stilistico della creazione del programma. Una seconda composizione di Flow Machine intitolata “Mr. Shadow”, invece, si è ispirata ai grandi American Songwriters come Irving Berlin, Duke Ellington, George Gershwin e Cole Porter.
MUSICNET: Altrettanto interessante è il dialogo tra intelligenza artificiale e musica classica.MusicNet è il software sviluppato dall’Università di Washington che si è specializzato nella composizione di brani classici: non solo comprende la struttura di base della musica, ma può anticipare le note di una registrazione. I dati sono stati presi da 330 composizioni di musica classica e verificati da musicisti qualificati: indicano i tempi di ogni nota, lo strumento che suona e la posizione della nota nella struttura metrica di una composizione.
Così, possono rivivere le grandi opere di musica classica come quelle di Beethoven, Schubert, Brahms e Mozart, anche se incomplete. Come l’Arte della fuga di Johann Sebastian Bach, mai completata per la morte del compositore avvenuta nel 1750. I casi di brani incompiuti nella storia della musica sono molti e piuttosto noti, e l’idea di completare i brani parziali non è un’esclusiva dell’Intelligenza Artificiale o delle più recenti ricerche, ma ha stuzzicato anche diversi compositori del Novecento. In tutti questi casi, però, è pur sempre il compositore a dare avvio all’attività della macchina, che realizza e produce dei suoni impostati.
Anche le versioni eseguite digitalmente dagli spartiti musicali sono certo una novità, ma quello che MusicNet mette a nudo è che le esecuzioni reali non sono esattamente allineate a quelle suonate in maniera digitale. In altre parole, il grado di definizione di uno spartito non cattura appieno l’essenza della musica. Il sistema di tracciamento utilizzato dal software, chiamato ‘Time warping’, permette di allineare contenuti simili anche se vengono eseguiti a diverse velocità. Grazie a questo sistema si può creare una nuova partitura più dettagliata di quella originaria, dalla quale i computer possono estrapolare gli algoritmi dalla musica con più facilità.
AIVA: Acronimo di artista virtuale di intelligenza artificiale, è un software che ha incamerato 30mila composizioni storiche di musica, da Bach ai Metallica. L’IA scompone le partiture alla ricerca di parallelismi per capire quali note seguono altre note secondo specifici schemi. In questo modo, AIVA può predire una successione melodica o armonica collegata ad uno specifico stile musicale. AIVA è il primo compositore virtuale ad essere riconosciuto da una società di diritti musicali, la SECAM, l’equivalente della italiana SIAE.
Lo studio della musica porta un musicista a scrivere dei brani in base alla sua esperienza ed alla sua sensibilità musicale, affinata dopo anni di esperienza. AIVA riesce a riprodurre questo processo cognitivo partendo da decadi e decadi di conoscenze e studi musicali, e ridurlo a poche ore di elaborazione computazionale.
Ma oltre alle regole ed agli standard stilistici, la musica è composta anche da gusti personali: come si fa ad innestare questo versante nelle variabili a disposizione della macchina? È infatti l’uomo ad indicare ad AIVA le caratteristiche desiderate: lo stato emotivo, la densità delle note, lo stile compositivo e l’epoca. L’IA può creare bellissimi brani musicali, ma rimane fondamentale l’apporto dell’uomo chiamato a ‘dar vita’ a queste composizioni.
In conclusione, anche allo stato attuale e più evoluto delle ricerche, sembra proprio che la musica sia destinata a rimanere ancora umana per un lungo periodo di tempo.